Riscoprire il suono delle campane: una lettera all’Eco di Bergamo
Lettera all’Eco di Bergamo. Lo scorso autunno, il signor Giuseppe Zilli – che qui pubblicamente ringrazio – ha scritto una lettera molto interessante a uno dei più diffusi quotidiani locali della provincia di Bergamo, stimolando a una riflessione molto importante sulla rivalutazione del suono delle campane nel paesaggio urbano. Collegandosi al seguente link è possibile leggere la lettera del signor Giuseppe Zilli, uscita lo scorso autunno 2009 sull’Eco di Bergamo.
Il signor Zilli racconta come nelle quiete della campagna toscana, lontano dal frastuono cittadino, abbia potuto provare l’esperienza di riascoltare con orecchio nuovo il suono delle campane. L’emozione da lui provata induce indubbiamente a riflettere su quale concezione impoverita del suono delle campane vi sia in diverse zone d’Italia, comparate a agente acustico. In base alle disposizioni dell’Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente della Regione Lombardia, all’inizio del 2000 la Curia di Bergamo ha emanato un decreto in base al quale il suono delle campane viene regolato per non recare disturbo, con riguardo particolare per chi non abbraccia la Chiesa. Non voglio entrare in merito a questioni di carattere ideologico e politico, ma soffermarmi a riflettere sul fatto che le campane hanno sempre svolto un ruolo sociale di grande importanza in Italia. Il fatto di ridurne l’importanza dipende solo dalla mentalità instillata in alcune aree del nostro paese, dove l’intolleranza verso ciò che non piace diviene legge. Se volgiamo lo sguardo oltre confine, veniamo a sapere che in Gran Bretagna, paese con fortissima immigrazione indiana e medio orientale in cui la religione d’origine viene praticata, le campane suonano in città e nelle campagne con sistemi ancora manuali e senza timore di offendere nessuno e senza che nessuno – cristiano o meno – protesti o si offenda. A Ipswich, capoluogo della contea del Suffolk, presso la chiesa di Saint Mary-Le-Tower, dotata di un concerto di 12 campane in Reb3, tutti i lunedì sera ci esercita nel suono dalle 19:00 alle 21:00 con segni di 15 minuti ciascuno e pause di 5 minuti di orologio. In una città di 170.000 abitanti la cosa non desta scandalo né intolleranza, in quanto è parte integrante della cultura locale. Sarebbe pensabile tale ritmo di esercizio nei nostri centri abitati? L’Italia, e alcune zone in particolare, devono percorrere un cammino molto lungo di riappropriazione delle proprie tradizioni e radici. Avere radici profonde non significa essere intolleranti, significa essere rispettati da chi è diverso da noi e viene accolto nella nostra comunità.
Voglio consolare il signor Zilli quando afferma che bisogna rifugiarsi nei piccolo borghi per trovare ancora i campanari. Grazie all’impegno di chi tiene alla tradizione, i campanari e le campane suonabili manualmente esistono e resistono anche a Bergamo e nella sua Diocesi. Con lo sguardo e l’animo nuovo che ha avuto la fortuna di poter riacquisire nella vacanza in Toscana, il signor Zilli troverà molti campanari bergamaschi pronti a ringraziarlo per aver aperto uno spiraglio sulla possibilità di vedere e cogliere il suono delle campane con spirito rinnovato e aperto.