Identificazione partecipativa del patrimonio immateriale
Il 30 giugno 2011, presso la Sala Lotto Pesca della Regione Lombardia, si è tenuta la presentazione della ricerca “Identificazione partecipativa del patrimonio immateriale”, a cura dell’Archivio di Etnografia e Storia Sociale della Regione Lombardia stessa. Renata Meazza, AESS, coordinatrice dell’iniziativa e capofila del progetto per la Regione Lombardia progetto E.CH.I. (Etnografie Italo Svizzere per la valorizzazione del patrimonio immateriale), ha introdotto la relazione della Dottoressa Chiara Bortolotto, che si è fatta carico della presentazione dei risultati della ricerca a livello internazionale su quella che è la salvaguardia del patrimonio immateriale nelle sue diverse forme. Il primo punto rilevante è stato divulgare quanto inteso dall’UNESCO (ente di riferimento) per procedere all’opera di salvaguardia di tali patrimoni. Dallo studio del panorama istituzionale planetario è emersa l’indicazione di un’opera di salvaguardia con monitoraggio costante, l’istanza di salvaguardia urgente per situazioni culturali in pericolo di estinzione, la raccomandazione a ciascun paese di procedere a redarre una lista dei patrimoni presenti sul proprio territorio nazionale. Dall’analisi dei parametri dell’UNESCO è emerso chiaramente come gli stati godano di libertà nella stesura dell’inventario dei patrimoni, ma che siamo vincolati a due livelli: 1. redigere inventari in vista della salvaguardia e della trasmissione dei saperi per salvare le tradizioni; 2. creare inventari da costruirsi con la partecipazione delle Comunità. La Convenzione dell’UNESCO non specifica i concetti di Comunità e di partecipazione, lasciando che siano i singoli stati a declinare tali significati a seconda dei propri parametri culturali di orientamento. Ciò che emerge e che ‘informa’ l’opera di ricerca deve essere ‘lo spirito della Convenzione’: tutti gli inventari possono essere strutturati autonomamente ma devono essere fondati sul principio della condivisione (COMMUNITY BASED). da qui discende il concetto di Comunità, che viene definita dall’elemento: si tratta, cioè, di gruppi che si aggregano attorno ad un ‘rituale’ in cui si identificano.
Dall’analisi delle situazioni di ricerca verificate emergono due principi cardine:
1. il principio della partecipazione, in cui da un lato vi è la fase di raccolta delle informazioni, mentre dall’altro si attiva un’operazione di delega ad altri per proseguire e sviluppare la ricerca (elemento che anostro avviso implica quello della motivazione, fondamentale per le piccole comunità che vanno autoesaurendosi per motivi di limite matematico nel ricambio generazionale);
2. il principio della comunità ‘administrative’, dove gli informatori diventano collaboratori e co-ricercatori (a nostro avviso, il caso di comunità coscienti del valore del proprio patrimonio).
Altro dato interessante è capire come l’osservatore si rapporti con la comunità che indaga. Sulla base di quanto esposto, s’individuano a nostro avviso tre grandi crescenti:
1. può essere osservatore esterno (metodo antico che genera pochi frutti e non investe sul futuro dell’esperienza);
2. può essere partecipe del rituale e cogliere elementi intrinsechi che si occultano tra le pieghe del rito;
3. l’osservatore restituisce alle comunità i documenti e il patrimonio raccolto (approccio democratizzante che dondivide con tutti quanto acquisito per stimolare alla conservazione).
Dalle premesse gettate dalla Dottoressa Bortolotto s’intuisce quanto il mondo delle campane abbia fatto sin’ora per la propria salvaguardia e quanto debba ancora fare. Se da un lato il processo di archiviazione delle conoscenze deve continuare e incrementare tutte le possibile fonti di informazione e conoscenza, dall’altro deve rafforzare il processo della condivisione, ottimo a livello mediatico, da consolidare sul piano territoriale per andare a incidere e abbattere i tabù ancora esistenti sulla non convertibilità del suono elettrico a suono manuale. Su questo punto vengono a coincidere partecipazione, motivazione, ritorno alle radici e all’autoscienza.