Le campane del Duomo di Crema nel volume ‘La Cattedrale di Crema. Assetti originari e opere disperse’

Nel dicembre del 2012 è uscito per Scalpendi Editore il volume dal titolo La Cattedrale di Crema. Assetti originari e opere disperse. La pubblicazione, a cura Gabriele Cavallini e Matteo Facchi, promossa dalla Società Storica Cremasca, è dedicato ai beni di uno dei maggior monumenti storici della Lombardia e, tra i vari beni analizzati, alla sue sei campane in Re bemolle 3 fuse da Crespi nel 1753 e conservatesi integre sino ai giorni nostri. Fissando la nostra attenzione sull’aspetto che maggiormente ci riguarda, vale a dire i bronzi e suoi strumenti di supporto e movimentazione, va segnalato che sono conservati al Museo Civico della cittadina due ceppi lignei e una ruota, residui dell’antica incastellatura sostituita da un telaio in ferro solo negli ultimi decenni. Come già fatto per le campane della Torre Civica di Bergamo, Chiara Bernazzani analizza nei dettagli i dati d’archivio relativi alla costruzione della torre campanaria, la fusione delle sei campane che presentano originalità sonora per gli intervalli (Reb3 – Fa3 – Lab3 – Reb4 – Mib4 – Fa4) e l’inceppatura delle stesse, facendo costante riferimento alle fonti storiche e alle fusioni precedenti le sei campane giunte al 2013 (vedi filmato). Il castello ligneo venne rimosso nel 1968 e sostituito da un telaio in metallo, ammortizzato nel 1984 per evitare che le spinte prodotte dal movimento dei bronzi causassero danni alle parti murarie. Tra il 1970 e il 1971 i resti del telaio asportato vennero collocati nel Museo Civico cittadino. A un’analisi degli elementi pare difficile poter pensare a un’inceppatura delle campane puramente ambrosiana, come invece si nota oggi anche dal suono delle stesse sei campane. Di più: gli intervalli sonori secondo cui venne concepito il concerto richiamano fortemente il sistema a slancio, peraltro ancora presente in Lombardia a Monza. Un’analisi circostanziata dei manufatti rimasti e la possibilità di raccogliere testimonianze da chi ha potuto suonare le campane fino a metà anni ’60 o per lo meno ascoltarle attentamente, potrebbe gettare luce su una delle originalità assolute di questo complesso sonoro pregevole. Allo stesso modo pregevole il lavoro della Dottoressa Bernazzani, le cui preziose informazioni e deduzioni ci aiutano a svelare angoli di storia campanaria sepolti dalla polvere della devastazione culturale operata tra il 1970 e il 2000 nel campo della tradizione.

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