Le campane e gli strumenti del tempo pasquale
Il tempo pasquale, storicamente ricchissimo di simboli che legano gli oggetti al mistero religioso, include appieno il ruolo delle campane e degli strumenti di richiamo che la cultura popolare è venuta forgiando nel corso dei secoli per sottolineare la drammaticità della morte per croce di Gesù Cristo. Tale aspetto emerge con forza nei suoni del triduo pasquale, che assimila al suono dei bronzi quello del metallo percosso sul legno attraverso strumenti di fattura interamente artigianale che riflettono il bisogno di esprimere in forma visibile il dolore della morte e il mistero della resurrezione.
Abbiamo così pensato d’intervistare Giacomo Siboldi, giovane campanaro e appassionato sacrista della Portiera di San Giovanni Bianco, in Media Valle Brembana, che offre all’ascoltatore le sue riflessioni sul ruolo di strumenti primitivi quanto suggestivi e suggerenti della violenza della morte di Gesù Cristo: bàtole, grì, scarnàss, sono termini dialettali che indicano strumenti contadini che suonano in tre momenti distinti del triduo pasquale: al Gloria della Messa in Coena Domini, come richiamo alla Via Crucis del Venerdì Santo, al Gloria della Messa del Sabato Santo. Nelle messe di giovedì e sabato le campane e gli strumenti da rumore suonano all’unisono per celebrare la gloria dell’Altissimo, mentre venerdì la parola viene lasciata al solo rumore del metallo sul legno quando le campane, legate, tacciono in memoria della morte.
Giacomo Siboldi ripercorre i momenti del giovedì e del sabato cogliendo nella forma più immediata il significato del legame esistente tra gli strumenti popolari, gli strumenti sacri, il suono delle campane. Clicca qui per ascoltare l’intervista.