Omaggio alla Terra di Bergamo
Lettera a Bergamo di Luca Fiocchi, presidente della Federazione Campanari Bergamaschi
19 marzo, San Giuseppe Lavoratore. In questo articolo voglio dare un’immagine personale della Terra di Bergamo. Non sono nato a Bergamo pur essendo presidente della Federazione Campanari Bergamaschi. Sono nato a Milano centro, ma dall’età di 5 anni frequento la terra bergamasca. Dal 1995 sono entrato nel pieno della vita orobica, passando da semplice villeggiante che vedeva il mondo di Bergamo un po’ dalla vetrina, a conoscere la gente vera, le loro bellissime dimore, gli spazi sorridenti della quiete, nella semplicità di un tavolo con un salame, una bottiglia di vino, musica, canti e risate spensierate. Questa è la terra di Bergamo nella sua assoluta semplicità e immediatezza, che non si scopre attraverso gli applausi alle finestre o grandi urla, ma nel silenzio dell’operosità quotidiana, quella di San Giuseppe, quella dei suoi artisti della manualità: operai, muratori, carpentieri, artigiani, contadini e musicisti, o per meglio dire, come amano definirsi i più semplici, musicanti. È stato ed è per me un enorme privilegio aver potuto entrare in questo mondo e conoscere una realtà che probabilmente assomigliava a quella della città in cui sono nato fino agli anni ’30 o ’40 del 1900.
Bergamo è una terra speciale perché sa conservare la propria identità e la propria dignità in ogni suo gesto. Chi non sperimenta Bergamo, chi non la conosce nel suo paesaggio umano, con i suoi occhi, nei suoi sapori della parola, nei suoi gesti e nei suoi sguardi non può capirla. Il bergamasco è colui che non usa mai una parola di più né una di meno per esprimere ciò che pensa. Non sarà mai il primo a parlare ad alta voce per esprimere un’opinione in una chiacchierata: ti lascerà dire quello che pensi e dopo una lunga pausa comincerà in tono sommesso ma sicuro a esprimere la propria idea. Il bergamasco è colui che non farà mai fuochi d’artificio rispetto a una proposta o a un’idea, ma se la condivide ti accompagnerà nel cammino secondo il vecchio motto: ‘passi lunghi e ben distesi’. La sua passione non sarà mai sventolata ma sarà salda nel cuore: ‘sòta la brasca’, sotto la brace, il che vuol dire toccare con prudenza il terreno su cui muoversi per non inciampare e rovinare. Il bergamasco, come il bresciano, usa il termine pòta per sintetizzare molti pensieri e molti discorsi: questa parola di antichissima origine serve a rafforzare un’idea, a smorzare un’opinione, a confrontarsi con gli altri senza molti giri di parole, perché non servono. Sono quattro lettere che molte volte sostituiscono un’intera frase e fanno capire come, nel comunicare, non solo la voce ha un senso, ma spesso e soprattutto, ha senso il silenzio.
La straordinaria esperienza del suono delle campane a Bergamo, attraverso l’operato della nostra associazione, ha dischiuso un nuovo mondo: un modo di vedere la realtà che non conoscevo, un modo essenziale ma ricco e denso di significato. Quello che ho imparato a cogliere e che fa molta differenza rispetto ad altri luoghi è la dimensione del Sacro, una dimensione talora sbiadita in questi ultimi anni a causa dei profondi cambiamenti sociali, e tuttavia profondamente radicata nel popolo bergamasco, ovunque ci si trovi. Ogni chiesa, dall’alto delle valli alla pianura, dalla città al lago, è un museo, dove chi ti apre la porta ti racconta come guida turistica di prima classe con tanto affetto e legame la storia del proprio territorio e delle proprie opere, dandoti la sensazione di aver vissuto nei secoli quello che le pietre raccontano all’occhio del visitatore e del fedele. La dimensione religiosa è stata fortemente colpita in questo drammatico periodo: noi, in particolare, ricordiamo la perdita dell’Arciprete di Casnigo Don Giuseppe Berardelli. Con lui nel 2010 abbiamo ripristinato il suono delle campane manuali a Casnigo, che coltiviamo stabilmente nel corso del calendario liturgico. Insieme a lui voglio ricordare con affetto tutti gli altri sacerdoti. In particolare Don Umberto Tombini, un tempo parroco di Grumello de’ Zanchi, il primo che conobbi nel 1998 quando incontrai lo storico straordinario campanaro Giulio Donadoni.
Ricordiamo tutti i parroci che, pur non essendo stati direttamente parte del nostro progetto del suono delle campane, portiamo dentro di noi come testimonianza di una fede secolare, che vede nei monumenti religiosi orobici una prova tangibile e intangibile della memoria storica. Bergamo rimane in questo senso una prova ineffabile di tutto ciò che può provare l’intensità del sentimento. Assistere a un funerale a Bergamo non è come assistere a un funerale delle altre parti: il silenzio e il rispetto che si avverte sono pari all’intensità di ciò che si prova, qualcosa che non si manifesta con le parole, ma col gesto, la posa e l’atto. Questo l’abbiamo sperimentato nei numerosi funerali dei nostri anziani campanari scomparsi in questi anni e nelle esequie dei parenti più stretti di alcuni nostri associati, in alcuni casi madri di famiglia. L’evento tragico di questi giorni purtroppo non vede, in queste circostanze, un omaggio degno di tale nome, ma sappiamo che ogni volto è scolpito nel cuore dei loro cari. A tutti loro va il mio cordoglio più profondo.
Tutto quanto ricevuto da Bergamo in questi anni sento di doverlo condividere con chi legge queste mie parole. Bergamo è una terra da conoscere e da amare: non è una terra a cui chiedere perché è una terra che ti dà e che sa darti quello che tu puoi desiderare anche se non nel momento o nel modo che tu ti aspetti. Ma molte volte, ritornando a casa la sera dopo tante prove di campanine o di canto fatte nelle valli, passano davanti agli occhi le tante immagini e le emozioni che hai vissuto, e quando imbocco l’autostrada per Milano, dopo aver passato l’Adda, scopro che il tesoro che ho raccolto in me è un tesoro intangibile che nessun’altra terra ti potrà dare. Le sue strade, i suoi paesi, le sue chiese e le sue santelle, le persone che incontri nei bar, le chiacchierate, le musiche, la luce e l’ombra tra i monti, i tramonti e i colori della natura che sempre cambiano e sempre ti salutano se sai ascoltarli in ogni stagione dell’anno, dal mattino al crepuscolo, i suoni delle campane tra gli echi delle montagne, i suoi silenzi, le sue luci come presepi in ogni stagione dell’anno nel cuore della notte. Grazie Bergamo. Ti abbraccio con tutto il cuore.