Editoriale. Un ricordo di Tarcisio Beltrami, maestro della tradizione
A cura di Luca Fiocchi
Non è facile parlare di musicisti che nel mondo tradizionale hanno ereditato e portato fino a noi un tesoro secolare. Il caso di Tarcisio Beltrami è assolutamente singolare per la capacità dimostrata nel saper raccogliere una memoria nata in pieno XIX secolo, conservata lucidamente fino ai giorni nostri con espressività e inventiva che difficilmente hanno potuto conoscere il paragone nel nostro tempo. La musica delle campane è peculiare per il fatto di essere propagata in forma nascosta dall’alto di un campanile e tuttavia capace di diffondersi nel paesaggio disegnando quelli che sono i contorni essenziali della Chiesa nell’anno liturgico e degli eventi religiosi che accompagnano la vita di ogni fedele, in particolare il Battesimo, Comunione, Cresima e Matrimonio: in tutto questo Tarcisio Beltrami è stato protagonista che ci ha narrato con estrema lucidità tutte le tappe che hanno caratterizzato l’evoluzione della tradizione del suono delle campane.
Una forma di narrare, la sua, ricca di aneddoti e battute, passi scherzosi, ma sempre intrisi di verità e sincerità: patrimoni di parole che costituiscono l’ossatura per una ricerca moderna e sintetica dell’evoluzione avuta di una tradizione oggi riconosciuta Patrimonio Immateriale delle Regioni Alpine. Di semplici origini, Tarcisio nasce nel 1922 a Leffe e ben presto inizia a dimostrare grande interesse per il suono delle campane. All’età di 8 anni il padre gli regala delle campanine in vetro costruite appositamente per la sua passione. Contemporaneamente, attorno al 1930, inizia a lavorare come ciabattino – scarpulì – a Gandino.
La bottega si trova nella piazza principale del paese, a due passi dal campanile della Basilica: da qui inizia ad ascoltare le grandi melodie d’allegrezza eseguite dal campanaro Manèch (1902-1954), l’ultimo campanaro effettivo titolare della Basilica di Gandino. Tarcisio s’innamora di queste suonate e le inizia a imparare pur con qualche difficoltà essendo le sue campanine per 8 risuonatori, mentre la Basilica di Gandino, già dal 1788, poteva vantare un complesso di dieci campane. Il piccolo Tarcisio viene più volte invitato a seguire il campanaro effettivo nella torre della Basilica per suonare eventi come i temporali o gli incendi. Manèch lo invita a salire per a suonare in occasione di un battesimo. Ricorda bene Tarcisio, una sola suonata, ma assai apprezzata. Dopo la prima gioventù, una parte della quale trascorsa in guerra, Tarcisio torna e si sposa assumendo poi la carica di sacrista e campanaro della chiesa prepositurale di Leffe. Questo incarico, che terrà dal 1946 al 1966, gli consentirà di sviluppare un repertorio straordinario di suonate d’allegrezza. Era necessario produrre sempre nuova musica per celebrare le solennità e gli eventi privati che ciascuna famiglia festeggiava, in particolare i battesimi, che si tenevano sovente durante la settimana.
Per poter suonare a distesa Tarcisio faceva affidamento sui membri della famiglia per muovere a concerto le dieci campane fuse del 1950 dalla Fonderia Barigozzi di Milano. Il cambiamento del numero di bronzi sulla torre della prepositurale di Leffe, che da otto erano state provvisoriamente ridotti a cinque durante il conflitto bellico 1940-45 (e appunto cinque bronzi erano stati suonati per il suo matrimonio), porta a un’innovazione del repertorio. In primo luogo una parte delle suonate maggiormente radicate nella tradizione locale vengono portate a dieci campane (quali la suonata della sera e quella delle processioni). Molte altre suonate vengono inventate per poter sfruttare al meglio il nuovo complesso campanario. Il promotore della nuova fusione, Arturo Zenoni detto ‘Vapore’ (1913-1972), stimola la produzione di un nuova letteratura decisamente più amplia che raccoglie, oltre ai brani antichi, molti pezzi ballabili che riecheggiavano le suonate per fisarmonica o per banda in voga all’epoca, cui si somma l’adattamento di molte canzoni e canzonette che venivano diffuse alla radio e attraverso juke-box, nelle balere, e soprattutto le osterie, luoghi in antichi in cui ritrovarsi comunemente e per poter ascoltare musica d’autore oltre a cantare.
Tarcisio rileva così il repertorio della famiglia dei Bernardì, cioè la famiglia Pezzoli che da 1796 al 1946 aveva tenuto le chiavi del campanile della prepositurale di Leffe. Il cambiamento del repertorio si accompagna a uno sviluppo delle attività musicale campanaria in generale: Tarcisio inizia a girare per molti campanili della bergamasca, col Gruppo Campanari Valle Seriana dapprima e successivamente con la Federazione Campanari Bergamaschi, facendo conoscere una memoria storica lucida che con gli anni non si appanna ma, al contrario, si arricchisce di nuove memorie. Tarcisio viene coinvolto nel progressivo lavoro di rispolvero delle antiche suonate e, nei nostri moltissimi incontri avuti tra la fine degli anni ’90 e il 2016, offre un ventaglio di suonate e ricordi di straordinaria bellezza che muovono dal repertorio ottocentesco fino alle ultime invenzioni musicali dello stesso Tarcisio.
La registrazione di ogni suonata si accompagna a chiacchierate che illustrano l’origine di ciascun brano. Passano per la mente moltissimi incontri, tra cui voglio ricordare, in particolare, la prima visita fatta al campanile di Roncobello nell’agosto del 2001 dopo che erano state rimosse le corde nel campanile di Leffe. Ricordo i moltissimi concerti di campanile e campane, gli eventi di piazza e nelle chiese in cui Tarcisio ha sfoderato grande talento esecutivo, sorprendendo sempre per la creatività e la potenza del suono sulla tastiera del campanile e sulle campanine. Ricordiamo nel 2004 la partecipazione incisione del CD L’Armonìa prodotto dall’Associazione Culturale Barabàn, il primo passo che ha portato al pubblico i frutti del lavoro di ricerca e salvaguardia di una tradizione preziosa quanto fragile all’epoca per il rischio di estinzione a causa della massiccia automazione dei concerti campanari. Ricordiamo inoltre, nel 2009, la partecipazione alla registrazione del CD Suonata Serale di Leffe, promossa dall’Amministrazione Comunale, in cui Tarcisio ha offerto una panoramica ancora più integrata dei brani antichi del repertorio locale e delle sue creazioni musicali: registrazioni effettuate insieme all’altro storico campanaro Bernardo Pezzoli, deceduto nel 2012, al compianto gandinese Lorenzo Anesa (1951-2016), a Michele Nicoli, Simone Sala e Fabio Zenucchi. Il terzo momento ufficiale viene con la partecipazione al documentario Campane d’Europa, prodotto da Rai Cinema insieme a TV Vaticana. Una produzione voluta da Padre Germano Marani della Pontificia Università Gregoriana di Roma sotto la direzione del regista Catalano Carlos Casas: intensa opera di grande prestigio in cui il nostro Tarcisio, insieme ai ragazzi della Scuola Campanaria di Roncobello, si trovano accanto ai maggiori esponenti religiosi del mondo cristiano contemporaneo, da Papa Benedetto XV al Patriarca di Mosca, all’Arcivescovo di Canterbury, attraversando un immenso spettro di opinioni e riflessioni sul ruolo delle campane nel tempo della crisi presente (clicca sul link per accedere al film).
Ma i tesori di Tarcisio non si sono fermati qui. Fino agli ultimi anni della sua attività abbiamo avuto occasione d’incontrarlo registrando brani su brani, in particolare riuscendo a ripescare e salvare il repertorio della vicina Peia, centro della Valle Gandino anch’esso dotato di un complesso importanti di 10 campane, che fino alla metà del ’900 possedeva un concerto di otto campane.
Ricordo che Tarcisio diceva di avere memorizzato una sola suonata per otto campane che attribuiva al campanaro locale Francesco Breda. Miracolosamente, come sempre accade con i grandi artisti, per volere della sorte, dopo un intervento ai calcoli renali, probabilmente per effetto dell’anestesia, Tarcisio è ritornato a ricordare suonate mai più sentite né eseguite, donandoci così un altro spicchio di un repertorio che altrimenti avremmo perso per sempre. Se è vero che ogni anziano che muore porta con sé nella tomba una biblioteca, è pur vero che siamo riusciti a salvare una gran parte di questa biblioteca. L’uomo non c’è più ma resta la sua immensa biblioteca donata a noi oralmente, che nelle trascrizioni e nelle pubbliche interpretazioni possiamo continuare a far vivere. Nel 2012, in occasione dei suoi 90 anni, è stato a lui conferito dalla nostra associazione il titolo di Patrimonio Immateriale Vivente proprio per aver donato un immenso tesoro musicale che oggi si trova in gran parte trascritto. Nessun musicista tradizionale muore mai perché nel nostro gesto continua il suo gesto e nella nostra memoria continua la sua memoria. Grazie, Tarcisio, per questo immenso dono che hai fatto e che ci rende debitori e sinceramente responsabili nel tramandare il tesoro che da te abbiamo raccolto.