Perché il ‘doppio sistema’ salva la tradizione?

Uno dei primi obiettivi che la Federazione Campanari Bergamaschi si è posto nel momento della sua fondazione è stato stimolare il ritorno dei sistemi di suono manuale sui campanili. Una decina di anni fa l’intenzione appariva come un autentico tabù culturale, un desiderio chimerico di voler rivivere un passato che non esisteva più e che non sarebbe mai potuto tornare. La riflessione posta sulla questione ci ha condotti ad affermare che non si trattava di rievocare un passato da Albero degli zoccoli che si era dissolto per sempre sotto il peso della società industriale, bensì di salvare l’arte che nel contesto agricolo-artigiano di Otto-Novecento si era espresso con vigore, dando vita a una corrente di suonatori e repertori di puro interesse musicale.

Se da un lato si è lavorato per far sì che le campane venissero accettate come strumento musicale, dall’altro si è dovuto agire – e ancora si agisce – affinché questi strumenti musicali tornassero a suonare. Non si trattava pertanto di vagheggiare un mondo contadino fatto di vivere sereno e bucolico, ma di catturare ciò che restava del passato per estrarne il meglio e tramandarlo. Cosa sarebbe accaduto se nella cultura musicale d’Occidente la composizione non si fosse legata alla scrittura? Nulla ci sarebbe giunto di Mozart, Beethoven, Monteverdi, Donizetti, un’infinità di musicisti geniali che hanno potuto cristallizzare sulla carta le proprie esplorazioni creative. Pensiamo ora alle culture orali che fanno della trasmissione personale il loro veicolo di conoscenza: quanto va perduto con la morte di un individuo chiave? La vita dei nostri avi era durissima, fatta di molteplici sacrifici: le campane, raccontano i figli dei campanari storici, erano spesso un modo per sfogare la rabbia della subalternità, uno strumento per rivendicare un ruolo sociale importante, una via per avere parola e farsi udire da tutti attraverso la musica.

Ripristinare i sistemi di suono non è dunque apparso come un atto nostalgico e sconsiderato, ma un modo per rendere omaggio e ricordare chi ci ha preceduto e, in molti casi, riparare al danno fatto con l’elettrificazione, vale a dire, in molti casi, l’eliminazione di corde e tastiere.

Nel 2001, la Curia Vescovile di Bergamo, in piena epoca di emanazione di decreti per limitare il suono delle campane – su indicazioni dell’Agenzia Regionale per l’Ambiente -, aveva disposto la creazione di una Commissione Tecnica per la tutela dei beni campanari e per stimolare, con il restauro dei concerti, il ritorno dei sistemi manuali di suono. Molto è stato fatto in questi anni, a dimostrare il fatto che impianto elettrico e sistema manuale possono coesistere senza problemi, che le corde – poste su quelle accanto a quella per la movimentazione elettrica – non creano danni ai motori, che la tastiera posta in cima al campanile non impedisce agli elettrobattenti di suonare a carillon automaticamente. Reinstallare i sistemi manuali di suono diviene fonte di lavoro per le ditte e dunque fonte di guadagno. Al vantaggio economico, per chi ha saputo cogliere il valore della proposta, si affianca il fatto di ricevere pubblico consenso e guadagno d’immagine, il che non è di secondaria importanza nel libero mercato della concorrenza.

Scorrendo i nostri archivi, possiamo dire che, per via diretta o indiretta, l’azione della nostra associazione ha portato ad ottenere i seguenti risultati:

  1. Ripristino del doppio sistema completo nelle chiese parrocchiali e nelle chiese sussidiarie dei seguenti luoghi: Moio de’ Calvi, Olmo al Brembo, Santa Brigida, Botta di Sedrina, Bergamo (Sant’Alessandro della Croce e Santa Caterina), Casnigo, Cazzano Sant’Andrea, Foresto Sparso, Madone, Arcene, Verdellino, Zanica, Scanzo.
  2. Ripristino della tastiera nelle chiese parrocchiali dei seguenti luoghi: Gandino, Verdello, Stezzano, Predore.
  3. Ripristino delle corde: Nembro, Villa di Serio, Vertova, Songavazzo.

A questi risultati si è affiancata un’intesa opera di sistemazione di tastiere malandate e sostituzione di corde. In pochi casi vi è stata elettrificazione con eliminazione di corde. In buon un numero discreto di casi si lamenta ancora un restauro dei concerti campanari senza inserimento dei sistemi manuali. Il fatto, in sé negativo per il momento, lascia speranze per il futuro nell’opera di collaborazione con le parrocchie.

L’opera di divulgazione ‘doppio sistema’ si è fondata e ancora si fonda su tre principi fondamentali:

  1. Ripristino della tradizione. Frequentemente i campanari che suonavano in passato prima dell’automazione del concerto, tornano a suonare assieme a nuovi campanari. Si riscoprono antiche suonate d’allegrezza e a distesa. Si ripropone interesse per le campane del luogo nel centro abitato in cui avviene il ripristino del sistema manuale.
  2. Formazione di nuovi gruppi campanari. Il fatto di avere un campanile a disposizione genera l’idea di formare un gruppo che presti servizio in parrocchia con il suono delle campane. Questo aiuta ad abbassare l’età d’ingresso nel mondo delle campane, che va attualmente dai 6 agli 89 anni.
  3. Promozione delle attività culturali sul territorio. Si riscopre uno strumento musicale con modalità nuove. Il campanile passa da luogo criptico e chiuso alla gente comune a ‘casa delle campane’ aperta a tutti, suonatori e appassionati, sostenitori e curiosi, come testimoniano le molteplici visite guidate che si tengono sui nostri campanili ogni anno.

Nulla può sostituire l’arte e la creativa dell’uomo. La tecnologia al servizio della tradizione garantisce il perpetuarsi della conoscenza e dell’azione.

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