Appunti per la creazione degli archivi musicali campanari
La creazione degli archivi musicali per la custodia della musica tradizionale costituisce uno strumento formidabile per la conservazione della memoria di un territorio. Dalla nostra collaborazione attivata con la Regione Lombardia per la trasmissione del patrimonio raccolto dal 1998 a oggi, si rende necessaria una riflessione sul materiale in possesso, sul materiale trasferito e sulla sua organizzazione interna per una fruizione pratica ed esaustiva allo stesso tempo.
Creare un archivio musicale campanario è operazione decisamente nuova all’interno della ricerca etnografica, ancor più ricca se si pensa alle varietà espressive del patrimonio bergamasco, articolato in suono a tastiera, suono a distesa, suono ‘alla romana’ (forma mista delle due citate), nonché al suono delle campanine e al relativo repertorio di cui si fa portatore.
L’atto della ricerca si presenta come momento stimolante di grande interesse documentativo. Il prodotto può giungere al catalogatore sotto forma di filmato (Super8 VHS DV o altro supporto), come registrazione audio (musicassetta o registrazione DAT) oppure ancora (sebbene in forma più rara) come scritto. Il supporto scritto appare prezioso in quanto presuppone la presenza di un compilatore e redattore, che ha a sua volta riportato per iscritto un’informazione di carattere orale (penso nel nostro caso ad alcune trascrizioni di suonate di Casnigo a noi pervenute dal fratello del defunto campanaro Giuseppe Bonandrini piuttosto che le testimonianze scritte delle giovani campanare di Roncobello del 1929). La preziosità di tale documentazione viene dal fatto che si tratta di uno strumento per ricostruire analiticamente e al rallentatore processi dinamici, cristallizzandone l’essenza. Ogni dato del racconto fornito dall’informatore può realmente divenire oggetto di analisi e da esso si possono estrarre numerosi informazioni. Da qui la necessità di un approccio assolutamente analitico rispetto al materiale che raccogliamo. Ogni dato porta difatti con sé una serie di informazioni e di peri-informazioni, cioè notizie che fanno dal cornice al contesto e che sono fondamentali per capire, ad esempio, la genesi di un brano musicale.
Compiuta tale premessa, va sottolineato che il trattamento del materiale originale appare di assoluta rilevanza. Il nastro o il digitale vengono necessariamente riversati per garantirne una catalogazione più pratica e per evitare che eventuali danni rendano inutilizzabile il materiale originale stesso. Nel caso delle registrazioni su cassetta, queste vengono digitalizzate e se necessario pulite per migliorarne la qualità di ascolto. Ciò può valere anche nel caso di dischi che raccolgono incisioni a 78 giri di suoni di campane. Molto prezioso, a titolo esemplificativo, è stato nel 2006 il lavoro di restauro delle incisioni a 78 giri delle campane di Romano di Lombardia del 1811, ‘catturate’ nel 1943 prima che venissero asportate per divenire cannoni bellici. Accanto a casi illuminati come quello citato restano però le numerose registrazioni su nastro ancora nei cassetti dei famigliari dei campanari defunti, i quali per svariati motivi non vogliono permetterne una duplicazione professionale che avrebbe invece una duplice valenza: in primo luogo, fornire una copia di sicura qualità alla famiglia stessa (i nastri risalenti al 1960-1970 rischiano di strapparsi o smagnetizzarsi); in secondo luogo, permettere alla comunità ricercatrice di poter condividere un patrimonio che oggi, in epoca di piena riscoperta della tradizione campanaria locale, avrebbe grande valore storico e culturale. Un discorso a parte merita il salvataggio del documento scritto (partitura o testimonianza): la partitura raccolta può rilevarci un metodo di scrittura della musica campanaria (uso del Do mobile o trascrizione originale in tonalità del brano – se il pezzo è stato suonato su un concerto di campane in Si bemolle o La grave – o ancora stesura del brano su doppia chiave violino/basso piuttosto che riportare il brano su una sola chiave o ancora riportare solo la melodia del brano piuttosto che trascrivere la ‘suonata’ in forma integrale). Dietro ogni trascrizione e ogni trascrittore c’è dunque una visione del mondo musicale ben delineabile, fatto che costituisce un ulteriore elemento d’interesse sia per il ricercatore che per il catalogatore.
Sottolineata la necessità di realizzare sempre copie di sicurezza del materiale raccolto, di collocare le diverse copie in luoghi diversi per proteggerle da furti, calamità, traslochi improvvisi, si passa alla delicata fase della costruzione del catalogo. In primo luogo è necessario uno spoglio dettagliato dei contenuti nell’originale, individuando minuti e secondi per rintracciare in futuro un certo brano o racconto. In secondo luogo si va a identificare il bene, denominandolo. Tale operazione deve essere compiuta con estrema chiarezza, soprattutto se si tratta di una brano strumentale e – come sempre accade per i pezzi di campane – privo di titolo. Da qui è sorta la necessità di numerare tutti i brani raccolti creando contenitori a seconda dei luoghi in chi sono stati raccolti (accertandosi che il brano sia originario del luogo in cui è stato registrato), per poi passare a una numerazione. Compiuto questo secondo passaggio (che comporta in contemporanea trascrizione e catalogazione del bene), si può passare alla terza fase, che consiste nell’allineamento del materiale audio/video con la sua trascrizione. In questo modo arriveremo ad avere: 1. registrazione del brano; 2. trascrizione di una delle versioni dello stesso; 3. informazioni sul brano. Questi tre elementi saranno essenziale per analizzare il brano dal punto di vista musicale, esecutivo, contesto in cui è stato creato.
Grazie a questo lungo processo di lavorazione attorno al bene, potremo costruire un catalogo che sia utilizzabile sia da parte del ricercatore che del fruitore. Le qualità che emergono si possono così evidenziare: 1. facilità di ricerca; 2. facilità di reperimento delle informazioni; 3. stabilità dell’identificazione del bene, non dovendo essere più soggetto a rivisitazioni nell’ottica di nuove catalogazioni in quanto mantiene vive ed evidenti tutte le voci utili sia al ricercatore che al fruitore.
Tale lavoro può offrire al R.E.I.L. della Regione Lombardia un interessante apporto per l’ampliamento dello studio della musica tradizionale a un ambito strumentale sinora poco affrontato, facendo leva su mezzi di ricerca moderni che possono aiutare i giovani ad avvicinarsi a biblioteche virtuali senza timori di accademicità, che troppo spesso allontanano il grande pubblico dai tesori della cultura, che sono i tesori della gente stessa che li ha generati.