Si è concluso col saggio finale il secondo corso di campanine a Pavone Mella

Si è concluso venerdì 8 giugno 2012 a Pavone del Mella (Brescia) il secondo corso di campanine promosso dalla Federazione Campanari Bergamaschi in collaborazione con la locale Scuola Primaria. Il corso e il saggio finale hanno coinvolto gli alunni delle classi seconda, terza e quarta, con programma a difficoltà graduata che hanno consentito di cogliere il progresso riscontrato nel passaggio di classe.

È apparso chiaro come il concetto di ‘tradizione’ delle conoscenze sia stato pienamente attuato con la nuova classe che ha usufruito quest’anno delle ore di formazione. Forte dell’ascolto durante lo scorso anno delle esecuzioni dei compagni più grandi, i più piccoli hanno dimostrato una velocità di apprendimento doppia rispetto allo scorso anno dei brani somministrati ai compagni ora frequentanti le classi terza e quarta.

Dall’altro lato, all’interno del gruppo degli alunni della classe quarta sono emersi piccoli talenti musicali e notevole predisposizione all’apprendimento orale che lasciano per sperare per una maturazione in campo campanario.

I genitori hanno espresso la propria soddisfazione per il lavoro svolto unitamente alle maestre che hanno sostenuto il progetto. Segno che esiste la volontà di poter dare vita a un gruppo di suonatori locali, piccolo seme per una rinascita della tradizione nella bassa pianura bresciana. Da qui l’auspicio per un intervento sul campanile locale finalizzato al ripristino dei sistemi di suono manuale delle campane, le corde e la tastiera, esistiti sino all’elettrificazione del concerto.

Alleghiamo a seguire la relazione presentata a fine corso 2011 presso la direzione dell’Istituto di Gottolengo, con la finalità d’illustrare agli insegnanti di musica dei vari ordini di formazione educativa un progetto che possa dare un apporto nuovo agli studi sul valore educativo della musica (includendo in esso musicoterapia, integrazione delle capacità cognitivo-motorie, integrazione delle abilità di socializzazione e condivisione delle esperienze attraverso il suono di uno strumento tradizionale-popolare):

In otto incontri più un incontro di saggio finale è stato possibile constatare la positività del progetto offerto e il nuovo stimolo dato a un’utenza estremamente eterogenea, sia per livello di talento nei confronti nella musica, sia per estrazione etnica da parte degli alunni che frequentano la Scuola Primaria di Pavone.

Grazie alle ottime capacità organizzative del corpo docente, è stato possibile far costruire direttamente ‘in loco’ sedici campanine, di fattura decisamente buona, in modo tale da coinvolgere tutti gli alunni impegnati nelle ore curricolari di musica: due classi seconde e una classe terza divisa in due gruppi.

Posti in un’aula dalle dimensioni ideali per il numero di utenti e dalla buona acustica, con possibilità di proiettare filmati e di svolgere più attività differenziate in diversi punti dello spazio messoci a disposizione, gli alunni si sono avvicinati con estremo interesse allo strumento, decisamente diverso dal tradizionale flauto. Gli aspetti che hanno immediatamente impressionato positivamente i nuovi ‘campaninari’ sono stati la timbrica del suono delle campanine, la possibilità di trovare immediatamente le note davanti a sé col semplice movimento degli occhi, il fatto di poter costituire ‘gruppo’ senza difficoltà, interagendo con l’insegnante e tra compagni stesso per la buona riuscita dei brani proposti. Gli strumenti sono stati posti su una fila di tavoli di cinque metri, collocando le campanine una di fronte all’altra, in modo tale da creare un gruppo ‘chiuso’ e prevenire la dispersione del suono, fattore che sarebbe stato assai probabile nel caso in cui i nostri giovani suonatori fossero stati disposti su diversi tavoli tra loro separati.

La prima mossa adottata per entrare nel vivo della situazione è stata quella di presentare lo strumento con parole estremamente semplici e provare a proporre un brano musicale: Fra’ Martino campanaro. La scelta del brano è dipesa di seguenti fattori: orecchiabilità della melodia, possibile conoscenza pregressa della melodia stessa per esperienze nella fase infantile, potenziale facilità di apprendimento anche per i numerosi bambini indiani e africani, portatori di un patrimonio orale e religioso profondamente diverso da quello autoctono. Il primo pensiero sorto nella mia mente d’insegnante è stato quello di ripensare il lavoro svolto in questi anni nelle nostre scuole campanarie, dove giunge un’utenza selezionata dalla motivazione personale e dal talento musicale, adattando il nostro lavoro al raggiungimento di obiettivi minimi. Ciò significa stabilire un punto medio d’incontro tra l’alunno di talento maggiore e l’alunno di talento minore, richiedendo un risultando che, da un lato, non svilisca le aspettative dei due poli e mantenga nel contempo elevato il livello di stimolo e attenzione.

Pensando all’ora di musica come a un momento di stacco dalle attività cognitive abituali, la prima necessità è stata quella di far comprendere come ‘fare musica’ sia lavorare insieme per creare armonia, uno stato di equilibrio che, sia a livello primario che nelle forme più raffinate, può dare serenità allo spirito e ricostruire l’equilibrio interiore di ciascun individuo, equilibrio costantemente messo alla prova dalle esperienze quotidiane.

La nuova strategia adottata ‘sul campo’ è stata quella di trovare il percorso più immediato per prepararsi a fare musica. Per fare musica, ho chiarito, è necessario ‘disporsi alla musica’. La fase pre-musica si è sostanziata nelle seguenti tappe: 1. postura dinanzi allo strumento (elemento chiave che si riflette nel suono a tastiera sul campanile); 2. riconoscimento e dominio delle mani (aiutare a distinguere la destra dalla sinistra); 3. comprensione uditiva (insegnare ad ascoltare come prima tappa dell’apprendimento); 4. stimolare l’uso della mente nel memorizzare un brano, prescindendo, per quanto possibile, dalla lettura dello spartito letterale; 5. stimolare ciascun membro del gruppo ad avvertire la presenza degli altri attorno a sé: essere parte di ‘un corpo che suona’.

Nel momento di esplicitare il brano, è apparso spontaneo determinare una serie di punti di riferimento fondamentali che governano la musica: suono, silenzio, ritmo. I tre parametri sono apparsi fondamentali per far comprendere le regole del gruppo, norme evitano l’esecuzione disordinata. L’operazione è apparsa piuttosto complessa in quanto la predisposizione alla musica comporta una serie di requisiti che non tutti possiedono. Un buon ausilio – adottato all’istante – è stato quello di far dire le note a voce prima di suonarle sui tubi, in modo tale da stimolare la memorizzazione. In alternativa, le note possono anche essere cantate, favorendo in tal modo una sorta di pre-memorizzazione del brano. La strategia può sortire buon effetto se chi canta le note è intonato; in caso contrario, s’ingenera un problema ulteriore da affrontare, con conseguente ripiego sulla semplice dizione delle note.

Altro aspetto di notevole importanza è stato l’identificazione certa di mano destra e mano sinistra: semplici esercizi di sollevamento del braccio sono risultati indispensabili per chiarire la diteggiatura nell’esecuzione del primo brano pilota.

L’insegnamento del brano ha seguito i criteri adottati nelle scuole campanarie, procedendo per segmenti e riprendendo sistematicamente il brano dall’inizio per favorire la memorizzazione del tutto. Il foglio appare come ausilio solo verso la fine dell’intervento, quando la memoria è già stata sollecitata a memorizzare la melodia, i passaggi, il movimento delle braccia.

La difficoltà maggiore che emerge in questo tipo di lavoro è dare forma a un progetto in cui tutti si sentano partecipi indipendentemente dal talento di cui dispongono. Dinnanzi a questa nuova problematica si pone la questione di fondo del nostro operare: fare formazione o fare informazione?

Se la discriminante è l’essere portati per la musica, è evidente che un progetto come quello dell’insegnamento delle campanine, strictu senso, può condurre alla frustrazione e alla noia gli utenti che sono costretti a spendere un’ora su uno strumento musicale ricavandone poco o nulla, e dall’altro lato può lasciare insoddisfatti coloro che vorrebbero apprendere maggiormente, esplorare e conoscere lo strumento. Lo strumento campanine s’inserisce nel contesto delle campane, rimandando a un patrimonio di conoscenze veicolabili che stimolano e coinvolgono anche coloro che non hanno talento musicale ma hanno, ad esempio talento o interesse per attività di carattere manuale.

Un’esperienza che si collega al suono delle campanine e che può essere stimolante anche per coloro che non sono portati per la musica, consiste nella costruzione di idiofoni, risuonatori che possono essere riprodotti riempiendo bicchieri o bottiglie con acqua, provando in questo modo a costruire uno strumento secondo un criterio di scala musicale diatonica, prendendo un concerto di campanne come riferimento per l’altezza dei singoli suoni.

Un secondo elemento di supporto è la proiezione di filmati che illustrino la tradizione del suono delle campane e delle campane, la loro costruzione e fusione, il loro suono in cima al campanile, elementi che, nella maggior parte dei casi, abbiamo verificato generare un deciso interesse verso la materia.

Un terzo elemento trasversale che può coinvolgere tutti gli utenti del ‘progetto campanine’ è la visita a un campanile, la salita alla torre campanaria per vedere da vicino i bronzi e comprenderne la storia, il valore sociale e religioso per le comunità, il loro linguaggio e le tecniche di suono. Il campanile, visto come ‘casa delle campane’, è depositario di una storia che può essere conosciuta attraverso l’esperienza diretta, non mediata da sussidi cartacei o da studio teorico, favorendo così l’indole di coloro che hanno verso l’esperienza e l’esperito un approccio squisitamente pratico.

Un quarto elemento viene dalla contestualizzazione dell’apprendimento e dalla raccolta di notizie attorno allo strumento ‘campanine’ e alle campane. Le interviste a persone adulte e anziane permette di risalire a notizie di carattere storico sulla fusione delle campane locali, i danni derivati dalla loro spoliazione prodottasi, in molti luoghi, durante la Seconda Guerra Mondiale, racconti legati alle campane, materiale fotografico d’archivio contenente immagini di campane, eventuali partiture legate al suono delle campane. Questo tipo di attività può essere stimolante per chi incanala le proprie attività nel campo dell’informazione musicale, prediligendo tutto ciò che costituisce materiale di approfondimento.

Informazione significa pertanto acquisire conoscenza sull’argomento; formazione, che diviene ora centro della nostra dissertazione, è acquisire competenza dell’argomento e dominio dello stesso.

Nel processo di formazione s’individuano i seguenti obiettivi: apprendere brani musicali a difficoltà graduata; coordinare il suono tra tutti i membri del gruppo; dare espressività al suono. Da questo tipo di percorso può nascere un gruppo di suonatori di campanine, il cui piacere di fare musica può concretizzarsi nell’intrattenimento pubblico e nel suono delle campane a tastiera in cima al campanile.

Se il suono a tastiera è prerogativa del musicista, il suono a corda, altrettanto importante, può essere appannaggio di chi coglie nella musica l’elemento fisico, aspetto rilevante nel suono delle campane. In questo modo, un gruppo eterogeneo può trovare compattezza nella suddivisione dei compiti e nella diversa motivazione che ciascuno può cogliere in un progetto di gruppo.

In conclusione, se formazione significa guidare alla padronanza di uno strumento e informazione si identifica con acquisizione di coscienza sul significato dell’argomento, compito del formatore è quello di cercare e reinventare in itinere una strada che si muova informazione e formazione, offrendo a tutti gli utenti di un progetto la possibilità della crescita personale con motivazione

Il bilancio è indubbiamente positivo e ha visto grande interesse da parte della pressoché totalità degli alunni verso lo studio degli idiofoni, la loro natura, la loro diversità timbrica, nonché il modo di approcciarsi a uno strumento musicale diverso dagli insegnamenti accademicamente impartiti nei centri educativi.

Dallo strumento campanine è emerso il grande valore del lavoro di gruppo, elemento cardine che porta con sé aspetti formativi dello ‘stare insieme’ di grande rilevanza pedagogica, dato spendibile nel vivere e nel con-vivere sociale futuro. Riprendendo la riflessione compiuta qualche settimana fa in occasione di un pensiero ‘a metà della via’, sorge spontanea la domanda in merito al futuro di questo primo stimolo. Non vi è dubbio che, dal punto di vista strettamente campanario, la speranza sia che questi piccoli allievi possano quanto prima esercitare le melodie apprese sui campanili, cimentarsi con gli strumenti della tradizione, sperimentare e condividere nuove emozioni. Lo strumento campana, per le sue forti implicazioni sociali, esercita necessariamente un forte richiamo sull’ambiente, sui ricordi degli anziani, sul valore pubblico e religioso del suono.

La zona di Pavone Mella è decisamente priva di supporti per il suono manuale delle campane, in quanto soggetta a uno smantellamento della tradizione sotto il peso dell’elettrificazione. Tuttavia, il fascino delle campane e di ciò che vi ruota attorno è apparso sin dall’inizio intenso, quasi iniziatico. Durante le nostre chiacchierate tra una melodia e l’altra, una bambina di seconda elementare ha ricordato come suo papà tirasse le corde del campanile del paese da ragazzo.

Proprio dai bambini sono sorte spinte alla riflessione sull’importanza delle regole che costituiscono e cementano un gruppo, sull’ordine che regola e disciplina la musica, sulla fatica del lavorare bene insieme per apprezzare lo sforzo della fatica stessa. 

Luca Fiocchi

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