Campane di Natale. Racconto di Bruna Gelmi

La nostra associata Bruna Gelmi, figlia del campanaro leffese Luigi Gelmi (1919-2007), ha redatto per il bollettino parrocchiale di Leffe Antenna un racconto sul valore delle campane nel tempo del Natale. Protagonista il piccolo chierichetto Luca e il Parroco Don Giuseppe. Bruna Gelmi, più volte intervistata nell’ambito del progetto di ricerca sulle memorie campanarie, ha formulato riflessioni importanti su un mondo perduto da cui sono nate le melodie che ancora oggi conserviamo e tramandiamo. Immaginiamo che se i campanari defunti potessero vedere come il processo di ritorno alla tradizione muova oggi deciso al recupero di quanto stava per smarrirsi per sempre, proverebbero enorme sollievo rispetto all’epoca in cui suonavano come ultimi epigoni di una tradizione ottocentesca fatalmente condannata all’oblio.

 Augurando Buon Natale a tutti i nostri lettori, introduciamo alla lettura del racconto.

CAMPANE DI NATALE

Al paese erano rimasti soltanto gli anziani, le donne e i bambini; gli uomini, più o meno giovani, avevano dovuto andarsene lontano, molto lontano, per lavorare; era stata una scelta difficile per tutti ma bisognava pur portare a casa i soldi per vivere.

Si avvicinava il Natale, il freddo era pungente, la neve, caduta ininterrottamente per giorni e giorni, aveva ricoperto le case, le strade, i prati e le montagne. Tutto era bianco, anche il fumo che usciva dai comignoli.

La mamma a Luca gliel’aveva detto: sarà un Natale povero, niente regali……

Ma Luca, con i suoi otto anni, non si preoccupava troppo, a lui bastavano le battaglie a palle di neve con i compagni, costruire i pupazzi e scivolare con la slitta sui prati ghiacciati. Le mamme avevano un gran da fare poi ad asciugare quei discoli.

Ma si sa, ai bambini basta davvero poco per essere felici.

Don Giuseppe, il parroco del paese, era rimasto senza sacrestano, anche lui aveva dovuto andar lontano per lavoro. La cura della chiesa ora era affidata alle donne, che facevano di tutto per tenerla pulita ma certo non riuscivano a fare i lavori più pesanti quali spostare le statue dei santi o appendere in alto i paramenti rossi di raso per le festività solenni.

Ma si andava avanti lo stesso.

Quello che più mancava nel paese era il suono delle campane: il campanaro, papà del piccolo Luca, si trovava lontano, e così più nessuno le suonava. Don Giuseppe sapeva solo suonare la campana della messa: din-don, din-don…….

Comunque il Natale quando arriva si fa sentire, c’è qualcosa di magico nell’aria, c’è un’attesa gioiosa nei cuori.

Per la messa di mezzanotte le donne avevano tirato a lucido tutta la chiesa, il pavimento ed i banchi luccicavano, i candelabri d’argento brillavano, avevano anche lavato e stirato la tovaglia più bella per l’altare, di lino bianco, ricamata, bordata con un antico prezioso pizzo. Però mancavano i fiori, non c’erano soldi per scendere al vicino paese per comprarli. Le donne non si persero d’animo, andarono nel bosco e cercarono tra la neve gli ellebori, detti anche stelle di Natale o bucanevi; ne trovarono tanti, raccolsero anche un bel po’ di rametti d’abete e formarono delle composizioni floreali bellissime: l’altare era pieno di fiori bianchi dal cuore d’oro e di tanto verde tenero.

Don Giuseppe era davvero contento: sarà comunque un bel Natale, pensò, e si accinse a preparare l’omelia natalizia di buona lena.

 Giunse la vigilia, nelle pentole delle cucine già bollivano le galline ripiene e le patate.

Poco prima della mezzanotte il parroco suonò, come sempre, le campane per la messa: din-don, din-don…..

La chiesa si riempì di gente, c’era tutto il paese in quella notte santa; la messa iniziò.

Il piccolo Luca era l’unico chierichetto del paese, stava lì, accanto al parroco, con la sua veste bianca e rossa , sembrava un angioletto, ma Don Giuseppe, che lo conosceva bene e sapeva che era un gran monello, lo teneva sempre d’occhio perché ogni tanto gliene combinava una delle sue.

Arrivò il momento dell’Offertorio, il parroco aspettava che Luca gli portasse le ampolline del vino e dell’acqua, ma Luca non arrivava proprio, era sparito. Don Giuseppe non disse nulla, sospirò soltanto, andò a prendere le ampolline e continuò la messa. Però pensava: Luca, con te faccio i conti dopo……

Giunti al termine della funzione, mentre il parroco stava rivolgendo i suoi affettuosi auguri ai parrocchiani, le campane iniziarono a suonare, dapprima piano, un poco incerte, poi il suono diventò deciso e nell’aria si sentì ben nitido “Astro del Ciel”.

La gente si guardava, che succede? Si chiedevano tutti. Don Giuseppe dapprima pensò ad un miracolo ma poi disse: non è possibile, qualcuno che non conosciamo sta suonando e, di corsa, andò verso il campanile, entrò e vide il piccolo Luca che suonava, con tutta la forza delle sue manine, la tastiera delle campane, e le suonava davvero bene. Il parroco non credeva ai propri occhi, rimase un bel po’ a guardarlo, incredulo ed ammirato nel contempo, lo lasciò suonare senza mai interromperlo, lasciò che Luca proseguisse con alcuni brani d’allegrezza. Quando ebbe terminato Luca si voltò, vide finalmente il parroco e si spaventò: e adesso chi lo sente Don Giuseppe? Il parroco gli si avvicinò, lo abbracciò e gli chiese: ma da quando sai suonare le campane? Non lo so, rispose Luca, guardavo sempre il mio papà quando le suonava ed ho imparato così, lui ogni tanto me le lasciava suonare ma non doveva saperlo nessuno.

I due uscirono dal campanile e videro che la gente si era radunata tutta lì fuori, allora il parroco disse: abbiamo un piccolo campanaro, questo è il più bel regalo di Natale che potessimo desiderare!

Luca arrossì un poco, poi corse subito dagli amici che già stavano giocando a palle di neve, un’ultima partita prima di andare tutti a dormire…..

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