Il suono a tastiera
Suono d’allegrezza, a festa o a martello
La definizione di suono a tastiera indica fondamentalmente l’esecuzione di brani musicali per mezzo della percussione di una serie di palette disposte in serie come i tasti del pianoforte. Ciascuna paletta è collegata per mezzo di meccanismi di rinvio al batacchio di una campana, tenuta fissa con la bocca inclinata verso l’esterno o l’interno della cella campanaria. Schiacciando il tasto il batacchio fa suonare il bronzo, consentendo il suono di svariate melodie. Suonare a tastiera è un’espressione piuttosto formale che generalmente trova l’equivalente in suonare d’allegrezza (a Bergamo, nella pianura e in Val Seriana), suonare a festa (nella Media Valle Brembana) e suonare a martello o a martellino (in Alta Valle Brembana).
La tastiera è stata costruita e reinstallata da volontari appassionati di arte campanaria, dopo che l’originale era stata eliminata all’epoca dell’elettrificazione del concerto. Attualmente, su precise disposizioni dell’Ufficio di Musica Sacra della Curia Vescovile di Bergamo, è proibito eliminare corde e tastiere sia nei campanili manuali che vengono elettrificati per la prima volta, così come nei concerti campanari già elettrificati che vengono spogliati di corde e tastiere (con relativo “gioco a festa”) durante le manutenzioni operate negli anni successivi all’elettrificazione stessa. Le nuove indicazioni mirano inoltre a incoraggiare l’installazione del “doppio sistema”.
Tanto in passato come oggi, il suono d’allegrezza precede nella maggior parte dei casi il suono a concerto nelle giornate di festa. I campanari, dopo aver agganciato le campane in cima al campanile, suonano melodie tradizionali alternandosi alla tastiera per un periodo di tempo che varia a seconda delle zone e l’importanza della festa. Generalmente, ogni suonata può avere una durata da due a cinque minuti, con intervalli di circa un minuto. Il repertorio proviene da melodie religiose trasposte e adattate alle note disponibili sulla tastiera del campanile, unitamente a un vasto repertorio profano: canzoni popolari d’osteria, vecchi balli di coppia quali valzer, polche, mazurche, risalenti ai primi dell’Ottocento e importati dall’area mitteleuropea, insieme alle scottish, derivanti dall’area celto-anglofona. Altrettanto importanti risultano le marce, tratte dal repertorio di bande e bandelle ormai scomparse. Vi sono poi melodie tratte da balli staccati, ossia balli di gruppo fatti in cerchio, quali le monferrine. In occasione delle maggiori solennità si suona alla romana , facendo andare a distesa da una a quattro campane grosse, mentre le piccole vengono suonate ritmicamente alla tastiera, conferendo al brano un carattere marcatamente festoso.
Generalmente le suonate a tastiera non hanno un nome e sono di autore ignoto, vale a dire di campanari che, anonimamente, hanno trasmesso le melodie ad altri campanari. Spesso le melodie venivano anche “rubate”, vale a dire, i campanari che non si trovavano sulla cima del campanile, ascoltando una melodia nuova, la riproducevano in maniera più o meno fedele a memoria, spesso introducendo variazioni ove la memoria veniva meno. Imitando le suonate altrui si sono create moltissime varianti di uno stesso motivo. Il fenomeno è decisamente comune nei paesi della Media Valle Seriana e in Val Gandino. Oggi i registratori consentono una riproduzione fedele dei brani e, soprattutto, la loro trascrizione e catalogazione. Si tratta di un lavoro di fondamentale importanza per salvare un patrimonio trasmesso sino a pochi anni fa unicamente per via orale.
Molte erano e sono ancor oggi le tecniche applicate nel suono d’allegrezza per raggiungere pregevoli risultati tecnici. Le suonate più antiche sono quelle eseguite su cinque campane, ossia quando i campanili non avevano ancora conosciuto i concerti a otto e a dieci installati a partire dalla fine dell’800. Le melodie più antiche ereditano talvolta andamenti tipici del sistema modale, risalenti ancora al XVI secolo. Nelle suonate a cinque il musicista può mettere alla prova tutta la sua fantasia, eseguendo melodie che vanno solo dalla tonica alla dominante. Le suonate a otto, invece, distinguono chiaramente melodia da accompagnamento spaziando su linee più articolate. Lo stesso avviene per le suonate a dieci campane, che conoscono un repertorio decisamente ampio in Val Gandino. In quest’ultimo caso le melodie possono passare dalla scala maggiore alla relativa minore, talora con l’inserimento di settime minori (le cosiddette mezze voci) per la modulazione dalla tonica alla sottodominante.
Il suono a distesa
Mentre il suono d’allegrezza viene eseguito da uno o al massimo due campanari, il primo vede la partecipazione corale di una squadra il cui numero varia in base al numero delle campane e al loro peso, nonché all’abilità del singolo campanaro. In concerti non particolarmente pesanti un campanaro può tenere due corde. I più abili arrivano a tenerne addirittura quattro. Vi sono anche casi, seppur sporadici ma lodevoli, in cui un solo campanaro riesce a far suonare a scala piccoli concerti cinque campane. Generalmente, su comando del caposquadra, i membri del gruppo devono lasciar scendere le campane dalla posizione di riposo in maniera perfettamente sincronizzata per produrre le melodie tradizionali del suono a distesa. Si tratta di melodie meno immediate e rapide rispetto a quelle prodotte dal suono d’allegrezza, ma di pari dignità e soprattutto di maggiore importanza per creare l’autentica atmosfera di festa religiosa.
L’orecchiabilità delle melodie a distesa dipende dalla combinazione delle varie campane, che vengono suonate su comando del caposquadra. Il concerto a distesa può andare da un quarto d’ora (in questo caso si tratta di segno della Messa) a mezz’ora (generalmente segue il suono a tastiera o – a seconda della solennità – viene eseguito senza essere preceduto dal suono a tastiera) e prevede l’esecuzione di molte sequenze melodiche intervallate da momenti di pausa.
Scala alla bergamasca
Il suono a distesa prevede delle procedure complesse che sono legate alla tradizione dei singoli luoghi. Generalmente le solennità patronali sono le occasioni che richiamano maggiormente le attività delle squadre campanarie. Nella maggior parte dei casi si tratta effettivamente di piccoli gruppi che suonano unicamente qualche giorno all’anno. In altre situazioni, invece, il suono a distesa è più frequente e articolato.
La tecnica di esecuzione può essere brevemente riassunta come segue: in primo luogo si fanno oscillare le campane con le corde, fino a portarle «a bocca», cioè capovolte; successivamente, al comando del caposquadra si lasciano andare le corde in modo tale che la serie dei rintocchi prodotti dalle campane formi un particolare tipo di scala. La regola importante è che le campane, a due a due (per intervallo di terza, pari con pari e dispari con dispari), devono sovrapporsi formano accorda di terza maggiore o minore, andando «al bòt» secondo questo schema:
Iª-IIIª / IIª-IVª / IIIª-Vª / IVª-VIª / Vª-VIIª / VIª-VIIIª
Nel caso di concerti a otto – ad esempio in tonalità di Do – l’ordine è il seguente: Iª (piccola) Do; IIª Si; IIIª La; IVª Sol; Vª Fa; VIª Mi; VIIª Re; VIIIª (grossa) Do. Clicca sul pentagramma per ascoltare una scala di un concerto di otto campane in Si bemolle. Come si noterà, si formano degli accordi perfetti di campane dispari e pari (1-3; 2-4; 3-5; 4-6; 5-7; 6-8).
L’impeccabile esecuzione della scala è ad opera della Squadra Campanari del Santuario della Madonna della Gamba di Desenzano al Serio, frazione di Albino (Valle Seriana).
Se il concerto è di cinque campane, si partirà dalla IVª campana, che in questo caso diventa la più piccola del concerto, vale a dire la Iª. Dunque avremo: Iª (piccola) Sol; IIª Fa; IIIª Mi; IVª Re; Vª Do. Clicca sul pentagramma per ascoltare una scala di un concerto di cinque campane in Sol bemolle.
Per poter andare al botto è importante ascoltare il suono della campana che dobbiamo prendere. Prendiamo il caso del concerto per otto campane.
Una volta chiamate prima e seconda, chi tiene la terza deve lasciare andare la propria campana quando sente il primo botto della prima.
Chi tiene la quarta, lascia andare la propria campana quando sente il primo botto della seconda.
Chi tiene la quinta, parte quando sente la terza.
Chi tiene la sesta, parte quando sente la quarta.
Chi tiene la settima, parte quando sente la quinta.
Chi tiene l’ottava, parte quando sente la sesta.
Tutte le campane dalla terza all’ottava vanno caricate per evitare che arrivino troppo in ritardo. Allo stesso modo, una volta andati al botto bisogna riportare la campana a bicchiere solo dopo che la nostra campana (ad es. la terza) è già stata presa dalla quinta. Questo per evitare di rubare il tempo ai nostri compagni di squadra